Quando parla di Nova-Group, Chris Hutchinson non alza mai la voce. Eppure, nelle sue parole c’è tutto: la visione, la determinazione, e un senso profondo di appartenenza.
Non è solo il presidente di un gruppo internazionale. È uno che c’era fin dall’inizio, quando bisognava scegliere in fretta e con coraggio che direzione prendere. Ed è uno che ancora oggi sente Nova come una famiglia, prima che come un’organizzazione.
«Ho tre ruoli», racconta sorridendo. «Regionale, nazionale e internazionale. In RIMAT, in Nova, e nel consiglio di Temot International. Tre giacche diverse, ma tutte nel mondo dell’aftermarket». Lo dice con semplicità, ma la complessità della sua posizione è evidente. Eppure non ne fa un vanto. La vera forza, spiega, è nelle persone che lavorano con lui ogni giorno: «Abbiamo squadre indipendenti, preparate, affidabili. Anche quando c’è un imprevisto, so che posso fidarmi».
Quello che colpisce di più, però, non è l’organizzazione perfetta. È lo sguardo umano con cui descrive il gruppo. Per Chris, Nova-Group è sempre stata qualcosa di più di una struttura imprenditoriale. È una rete di affinità, una comunità fatta di persone simili, per cultura e per modo di lavorare.
«Siamo soci, certo. Ma siamo anche amici. Abbiamo fatto tantissime cose insieme in questi venticinque anni. Abbiamo condiviso progetti, intuizioni, fatiche. È uno spirito che ci unisce ancora oggi. Un po’ come in una famiglia».
E in effetti il racconto più emozionante arriva proprio quando ricorda la nascita di Nova, un momento che definisce “crudo” e decisivo.
«Eravamo arrivati a un bivio. C’erano divergenze, era il momento di prendere strade diverse. Ma non ci siamo fermati. Abbiamo avuto idee chiare, determinazione, volontà di ricominciare. E così, velocemente, abbiamo costruito qualcosa di nuovo, ma sulle stesse basi di sempre. Quei valori non li abbiamo mai abbandonati».
Dieci anni dopo, quel coraggio è stato premiato. Temot International – una rete globale con oltre cento soci – ha riconosciuto Nova-Group come miglior gruppo del network.
«È stato un momento speciale. Non solo per il premio, ma per ciò che rappresenta: è il riconoscimento di un lavoro collettivo, di un percorso fatto insieme, senza mai perdere la nostra identità».
Chris però non si sofferma troppo sui traguardi. Guarda avanti. Lo fa con l’ottimismo di chi ha vissuto crisi, pandemie, trasformazioni epocali, e ne è sempre uscito più forte. «Il nostro settore ha una fortuna: le persone avranno sempre bisogno di riparare la macchina. Questo non cambierà. Le sfide arriveranno, certo. Ma abbiamo già dimostrato di saperle affrontare. Ce l’abbiamo fatta con il Covid, con le crisi economiche. Siamo resilienti, e lo saremo ancora».
Il futuro dell’aftermarket, secondo lui, non è una strada dritta. Anzi, è un intreccio di direzioni, culture, complessità. «È troppo semplice parlare di un solo aftermarket. Ogni paese, ogni settore ha le sue sfumature. L’Italia da sola è un mosaico. Figuriamoci l’Europa, o il mondo. È questo che rende tutto così interessante».
E alla fine, quando gli si chiede che ruolo avrebbe in una squadra di calcio, Chris non risponde da capitano. Non cerca la posizione centrale, non cerca il podio. «Non mi piace parlare di me. Preferisco pensare che faccio parte della squadra. Non importa quale ruolo ho: l’importante è che giochiamo insieme, uniti, per vincere la partita».
Ecco cos’è Nova-Group, davvero. Un’impresa coraggiosa, una comunità globale, ma soprattutto una squadra che – dopo dieci anni – ha ancora fame di futuro.

